Tuesday, May 31, 2011

Tra Osama ed Obama una vita da pecora



Il tonfo sonoro di Berlusconi nelle ultimissime elezioni amministrative porterà davvero quel cambiamento importante e decisivo, assolutamente necessario per l'Italia?
E' un pò come credere che con la morte (?) di Bin Laden vivremo in un mondo migliore, si ma migliore per chi? Siamo nell'era dei lavaggi del cervello che si materializzano ogni giorno intorno a noi: si va dall'iphone che ci permette di fare giochini idioti, quando andiamo al lavoro in treno, in auto o in bus, mentre fuori scorre un mondo di cui ignoriamo l'esistenza, per passare ai videogame direttamente davanti alla poltrona di casa, dove lo scopo finale è eliminare il nemico numero uno, il mostro, per completare il livello (esatta riproduzione della guerra al terrorismo), si puo concludere con qualche ora davanti alla tv giusto per informarsi di quello che ci vogliono fare sapere in maniera parziale e spesso del tutto inattendibile, oppure qualche ora su Facebook giusto per postare che ci è spuntato il primo capello bianco o la vicina di casa tiene la radio troppo alta (informazioni fondamentali).
Non ha importanza sapere che Obama stringe la mano ad un assassino psicopatico come Netanyahu, mentre con l'altra firma ulteriori concessioni ad alcune compagnie petrolifere per trivellare allegramente in cerca di oro nero, cancellando il ricordo e le ferite ancora aperte del disastro nel golfo del Messico ad opera della BP. Le politiche mondiali sono ancora lanciate verso lo sfruttamento di qualsiasi tipo di risorsa, la cementificazione selvaggia, l'arricchimento di pochi eletti a scapito dei molti, lasciati a marcire con il loro giochino sul telefonino (quando va bene), gli articoli non scritti che si dimenticano di realtà in guerra, in lotta, oppresse e piene di rabbia. Tutto questo non esiste in una società di lobotomizzati, ignoranti, di un popolino davvero ai minimi termini, immagine e somiglianza di una classe politica gretta, cialtrona e superflua.
Noi riportiamo un articolo che ci coinvolge in primo piano come paese Italia, che tratta del problema delle migrazioni, altra piaga irrisolta che troppo spesso si trasforma in egoismo da cortile, urlato in qualche piazza per fomentare un folla di pecore ammaestrate.

Tratto dal sito www.ipsnotizie.it


FIRENZE, 21 maggio 2011 (IPS) - Quaranta milioni di persone sono state costrette ad abbandonare forse per sempre la propria casa e la propria terra a causa dei disastri ambientali in gran parte dovuti ai cambiamenti climatici. E questo solo nel 2010.

Lo denucia Legambiente nel suo rapporto annuale sugli ecoprofughi, i migranti forzati da fattori ambientali sempre più violenti, diffusi, e irreversibili.
“Il numero è impressionante, specialmente se si guarda alle stime fornite dalle Nazioni Unite, che risultano oggi nettamente in difetto,” ha dichiarato a IPS Maurizio Gubbiotti, coordinatore nazionale di Legambiente.
Il dossier di Legambiente si basa sui dati raccolti da Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), IPCC e Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) che nel solo 2010 hanno registrato 40 milioni di rifugiati ambientali. “Le previsioni di queste stesse organizzazioni parlavano di una media di sei milioni l’anno, siamo andati ben oltre”, ha detto Gubbiotti.
Secondo lo studio - presentato in occasione dell’ottava edizione di Terra Futura che si è aperta ieri a Firenze nella Fortezza da Basso - il 98 per cento degli ecoprofughi fugge dai paesi in via di sviluppo dove più gravi sono gli effetti dei mutamenti climatici. Di questi, ben l’80 per cento non riesce ad allontanarsi molto dalla propria terra, migrano verso paesi limitrofi. Ed è forse la ragione per cui restano per lo più invisibili in questa parte di mondo.
Secondo Gubbiotti “Non hanno le forze né i mezzi per andare altrove. Fra loro ci sono coloro che hanno perso tutto e si spostano per sopravvivere, ma non possono andare lontano. I numeri reali di persone che migrano verso altri paesi in via di sviluppo superano di gran lunga lo spettro della ‘invasione’ legata ai flussi migratori, paventato da noi in Italia e in Europa”.
Sono persone che avevano già pochissimo e che perdono qualunque possibilità di lavorare la terra e di accedere all’acqua, quindi di nutrirsi, per le conseguenze dei mutamenti climatici. I dati del 2008 parlavano di 20 milioni di profughi fuggiti da alluvioni, desertificazione e fenomeni atmosferici estremi.
I profughi in fuga da guerra e violenze sono invece 4,6 milioni.
A pagare il prezzo più alto sono le donne delle comunità più povere, come riporta uno studio recente della London School of Economics. “Le donne, che nelle comunità più povere si fanno carico di tutto, sono le prime vittime dei disastri ambientali, con un rapporto di tre a uno rispetto agli uomini”. Ma il fenomeno non riguarda solamente i paesi più poveri. “Nessun paese è ormai completamente esente da questi disastri”, ha precisato Gubbiotti.
In Cina i morti sono stati oltre tremila, oltre mille i dispersi e quasi 200 milioni le persone colpite dagli effetti delle inondazioni. Almeno 15 milioni gli sfollati e evacuati in massa. “New Orleans ha dimostrato come anche nei paesi più industrializzati e attrezzati come gli Stati Uniti a pagare il prezzo più alto sono i territori e le comunità più povere”.
Manca invece qualunque informazione su quali saranno le conseguenze a lungo termine dei danni provocati dalla terribile combinazione di terremoto, tsunami e disastro nucleare in Giappone. Secondo Gubbiotti, “Manca qualunque tipo di previsione su fenomeni nuovi dove si incontrano fragilità del territorio e fenomeni indipendenti, come Fukushima appunto, che potrebbero compromettere per sempre il futuro di quei territori”.
Il numero di persone costrette ad abbandonare quei territori sarà enorme ed è prevedibilmente destinato a crescere. “E’ necessario che si prenda atto che certi fenomeni sono inevitabili, piuttosto che tentare di evitarli bisogna affrontarli”.
Le soluzioni proposte da Legambiente vanno nella direzione del riconoscimento giuridico dello status di rifugiati per i profughi ambientali, che al momento non esiste, nonostante il numero di profughi ambientali abbia superato di molto quello di coloro che fuggono da guerre e violenze. “Nella maggior parte dei casi i disastri ambientali provocano danni non reversibili, è quindi impossibile per coloro che fuggono pensare di tornare a casa. Il diritto di asilo andrebbe garantito”.
L’altro punto fondamentale è una politica di cooperazione internazionale più seria, che sia realmente integrata nella politica estera e orientata alla gestione dei processi di sviluppo prima che le fragilità ambientali ed economiche si trasformino in emergenza.© IPS (FINE/2011)

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