Sunday, March 13, 2011

La Spazzatura da mangiare


Il detto "Siamo quello che mangiamo" dovrebbe essere aggiornato agli attuali modelli di vita di quella fetta di società industrializzata, impacchettata, senza difetti e senza soste che si rappresenta, e di cui purtroppo facciamo parte. Il motto più calzante potrebbe essere "Siamo quello che sprechiamo" in termini di alimenti ancora perfettamente commestibili.
Non stiamo parlando della mezza fettina di carne lasciata nel piatto, o del pezzo di pane buttato nella spazzatura, ma di cibo vero, integro, saporito, perfetto, ma non abbastanza perfetto per gli occhi di milioni di consumatori completamente ottusi, che cercano la forma, il colore brillante, la scatola senza graffi, non il gusto e la qualità.
Dati spaventosi, che dimostrano ancora una volta come il vero cancro di questo mondo sia l'egoismo e l'ignoranza di milioni di cittadini. Quello che viene buttato dagli agricoltori, dalle industrie alimentari e dai supermercati del Nord America e della vecchia Europa potrebbe sfamare, per tre volte consecutive, quella fetta di popolazione che ancora muore di fame!!
Solo negli USA il 30% del cibo prodotto viene buttato via ancora prima di arrivare nei piatti dei consumatori, un valore di mercato di circa 48 miliardi di dollari. Ancora più impressionante l'ammontare di litri di acqua sprecati per la produzione di questi alimenti senza futuro, si parla di 40 trillioni di litri!!! Dati diffusi da 3 organizzazioni: The Stockholm International Water Institute (SIWI), the Food and Agriculture Organization of the United Nations (FAO) and the International Water Management Institute (IWMI). Nella sola Gran Bretagna 18 milioni di tonnellate di cibo pronto per sfamare centinaia di migliaia di persone finisce dritto dritto nelle discariche! 14 miliardi di pound polverizzati nel nulla. In Italia un Dossier sugli sprechi, a cura di Luca Falasconi e Andrea Segrè per Last Minute Market, mostra una situazione sconcertante, quotidianamente nascosta all'opinione pubblica: il 3% del prodotto interno lordo finisce nella spazzatura, con quello che gli italiani scartano ogni anno si potrebbero sfamare 44,5 milioni di persone, questo senza contare il tremendo impatto ambientale che il suolo, le acque e la vegetazione subiscono, produzioni completamente a perdere.
Queste scomode verità meriterebbero le prime pagine dei giornali, una denuncia ad uno stile di vita che vive sul superfluo, sull'eccedenza alimentare che condanna chi è nato dalla parte del mondo sbagliata. Ci vuole consapevolezza anche nello scegliere ciò che mangiamo, altrimenti saremo soltanto dei polli da batteria ingozzati da un mercato senz'anima.

Questo un interessante articolo ci spiega ancora meglio questo logiche alimentari senza futuro e senza logica. Dal Presidente di Slow Food Italia, Roberto Burdese.

C'è una grande e scomodissima verità quando si parla di cibo sprecato nell’opulento mondo
occidentale: il problema vero è che non siamo in presenza di un difetto del sistema,
che come tale si può analizzare e, almeno in parte, correggere: lo spreco è parte del sistema,
è ciò che gli permette di funzionare a quella velocità e con quel tipo di guadagni.
Il moderno sistema di produzione e distribuzione del cibo, basato su logiche e metodi
di tipo industriale e orientato principalmente al mercato, è un sistema lineare, ovvero
un sistema che non riutilizza gli scarti della produzione e rinuncia a molte produzioni
complementari e accessorie, sia perché non ha interesse a portarle avanti, sia perché spesso,
per via delle stesse modalità di produzione, alcuni scarti non possono essere valorizzati
o non sono più utilizzabili (si pensi al letame degli allevamenti intensivi, ridotto ormai
a scoria contaminante). Ma tutta questa velocità ha un prezzo in termini di spreco:
di energia, di risorse, di prodotto stesso.
L’agricoltura ecologica con i suoi sistemi ideali di distribuzione (la vendita diretta
e di prossimità) è invece un sistema integrato. Ovvero tende a riusare scarti e sottoprodotti
per altre fasi della produzione o per avviare nuove produzioni: in questo modo incide meno
sulle risorse planetarie e abbassa i costi di produzione, oltre a quelli ambientali. Certamente
ha ritmi meno intensi e consente guadagni ragionevoli, ma mai straordinari e rapidi.
I due tipi di agricoltura e di distribuzione fanno riferimento a due opposti tipi
di consumatore. Il primo ha bisogno (di nuovo non è un difetto del sistema, ma una condizione per il suo buon funzionamento) di un consumatore distratto, poco consapevole, poco impegnato e certamente non un buongustaio: che non sappia distinguere i prodotti di qualità da quelli addirittura dannosi per la salute, sua o del Pianeta, che non si ponga troppe domande e che preferisca, come un automa, il prodotto a prezzo più basso, senza rendersi conto che produrre cibo a “buon mercato” ha costi altissimi (in termini sociali, ambientali, di qualità e di futuro), che non paghiamo all’atto dell’acquisto, ma che stiamo già pagando nei fatti.
Il secondo ha bisogno di un consumatore che si senta parte del processo di produzione
e che scelga di supportarlo e indirizzarlo; un consumatore che cerchi di vivere in coerenza con le proprie convinzioni e che sappia apprezzare il piacere del buon cibo, anche perché consapevole della relazione con la sua salute, quella dei suoi cari, quella dell’ambiente.
Un consumatore, cosa non secondaria, che sa ancora cucinare, tanto da non doversi
accontentare dei cibi di quarta gamma o delle preparazioni industriali. E che può acquistare
prodotti apparentemente minori (come i tagli considerati meno nobili delle carni), perché
a casa sarà in grado di ricavarne piatti eccellenti.
Ecco perché informare ed educare il consumatore è l’unico modo di provare a correggere
il sistema dell’agroindustria: su questo fronte l’associazione Slow Food è costantemente
impegnata, con le attività e i progetti delle sue 300 “condotte”in tutta Italia. E con grandi momenti collettivi.
Padroni della nostra vita, padroni delle nostre scelte, padroni del nostro futuro, ci voglio autonomi senza cervello, senza coscienza. Tutti in uniforme, tutti in riga.......Maremmacinghialaaaaaaaaaaaaaaaaa

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