Saturday, February 20, 2010
Yes We Can? Later.....
Paradossalmente è stato George Bush con il suo bagaglio di insuccessi politici ed economici a servire su un piatto d'argento il trionfo di Barack Obama. Poi le sue orazioni puntuali e persuasive, i suoi slogan divenuti gadgets da t-shirt e la sua afroamericanità hanno fatto il resto, procurandogli ampi consensi su tutta la linea. L'uomo giusto al momento giusto, nel posto giusto e con un presidente uscente giusto. Adesso che è passato più di un anno da quel 20 gennaio 2009, quando Obama giurò davanti agli americani ed al mondo, le considerazioni ed i giudizi sul suo operato sono inevitabili.
"Successo o Fallimento?" si chiede il "The Guardian" di qualche settimana fa, sottolineando come il gradimento del presidente Obama sia drasticamente diminuito ad un esiguo 40%, contro il 60% di qualche mese fa. I suoi sostenitori gli attribuiscono meriti strepitosi, considerando anche la crisi finanziaria e Medio Orientale, pesante eredità della precedente amministrazione di George Bush, Condoleeza Rice e Dick Cheney (quest'ultimo, qulche giorno fa, ha candidamente ammesso su "abc NEWS"come gli annegamenti simulati a danno dei presunti terroristi di Al Qaeda, fossero necessari, aggiungendo di averli sempre sostenuti!!).
Obama ha salvato e rilanciato l'economia americana dal crack finanziario, iniettando 800 miliardi di dollari nel suo sistema al collasso, frenando l'emorragia di disoccupati nel paese, ed ancora, la svolta epocale per quanto riguarda il sistema sanitario è dietro l'angolo, che diverrà più equo ed accessibile a tutti. Il Neo President sta incoraggiando le energie alternative, ha inviato 30000 uomini in Afghanistan con un appoggio bipartisan, senza dimenticare le aperture fatte al mondo islamico.
Eppure non mancano le voci fuori dal coro, che in questi ultimi mesi sono diventate ben più di un banale brusio. La pecca maggiore, secondo molti critici, è stata quella di mettere troppa carne al fuoco, durante la campagna elettorale, e di aver fatto ben poco per distinguersi in maniera netta dal suo scarso predecessore. Guantanamo, il carcere delle vergogne e degli abusi, è ancora in funzione, nonostante che la sua chiusura fosse stato uno dei cavalli di battaglia nella campagna presidenziale di Obama. La montagna di soldi riversati tra le fauci di una economia moribonda, ha semplicemente rimandato il problema, che risulta evidente nella marcia inarrestabile del debito pubblico americano oramai lievitato a più di 12 miliardi di dollari! Anche l'altro pilastro della campagna Obamiana, la riforma sanitaria, appare, ai critici, come molto depotenziata, anche per la recente debacle democratica che ha perso la maggioranza in Senato.
Eppure questi ostacoli sembrano minimi se confrontati con la gravissima situazione in Iraq ed Afghanistan, qui gli Stati Uniti continuano a perdere uomini, denaro e credibilità, in una guerra dove la vittoria ha oramai assunto i contorni indefiniti di un miraggio... Nonostante i miliardi già bruciati nel catino mediorentale, la difesa USA sembra orientata a chiedere un ulteriore aumento del budget: secondo "CorpWatch" circa il 4.5% del PIL statunitense, una cifra sporposita. Ulteriori 708 miliardi di dollari per il biennio 2010/11, armi più sofisticate, letali per terroristi ma anche per le migliaia di civili innocenti spazzati via da logiche di "pace" difficili da comprendere. Anche l' Herald Tribune conferma queste cifre, mentre il "Los Angeles Times" sottolinea come la Difesa Usa abbia intenzione di acquistare più aerei Droni, quelli senza il pilota che già in passato hanno causato stragi di civili innocenti.
E che dire della scelta, sempre del Capo della Casa Bianca, di tornare a puntuare con decisione sull'energia nucleare? Fatto che ha scatenato polemiche senza fine, per i soliti problemi che gli scienziati, o presunti tali, sembrano sempre dimenticare: scorie radiottive, pericolosità, incidenti ed inquinamento.
Come è possibile un così repentino cambiamento, per colui che era considerato come l'uomo nuovo per gli Stati Uniti e per il mondo. Oppure la voglia di cambiamento a volte spinge il popolo a sognare ed a rendere mitico ciò che in realtà è solo una rapida ventata di aria fresca. Peter Dale Scott, poeta, politologo e Prefessore all'università di Barkley in California, nonchè autore di numerosi testi di approfondimento, sottolinea la questione in maniera molto semplice e senza tanti fronzoli. Sottolineando come chi arriva a quel livello di potere non può considerarsi "pulito" in quanto la sua campagna elettorare riceve ingenti somme da più fonti, per esempio, dalle Corporation delle armi , che di conseguenza pretendono qualcosa in cambio. Questo indipendentemente che tu sia Repubblicano o Democratico. Questi politici sono purtroppo gli stessi ingranaggi di un macchinario molto più grande di loro e di eventuali ideali di cambiamento......informatevi.........maremmacinghialaaaaaaaaaaaaaaaaa
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