Monday, March 25, 2013

Collapse? Depends on you



Dal 1992 fino ai giorni nostri i Governi mondiali si sono ritrovati nelle più svariate parti del mondo per discutere quali contromisure adottare contro i cambiamenti climatici. Rio de Janeiro, Berlino, Ginevra, Kyoto, L'Aia, Bonn, Milano, Montreal, Nairobi, Bali, Poznan, Copenaghen. Incontri, discussioni, proposte, accordi sempre instabili, senza un'approvazione completa e duratura da parte di tutti. Gli interessi economici hanno continuato a prevalere su quelli ambientali e sulla salute del genere umano. La competizione tra i paesi emergenti e le potenze mondiali sembra un ostacolo insormontabile. Una rincorsa continua tra Cina, USA, India, Brasile e vecchia Europa, una corsa bendata verso un futuro sempre più incerto e rischioso. Il progresso è ancora inteso come il prevalere su altri popoli, altre razze, altri Stati, schiacciati da un sistema industriale, da un sistema di sviluppo che ogni giorno appare sempre meno controllabile, nel quale anche i Capi di Stato sono delle misere comparse. Solo una parte più istruita dell'opinione pubblica ha davvero compreso quali sono i rischi futuri, per noi e per le prossime generazioni. Ancora troppo spesso i Governi pongono in secondo piano i temi ambientali e le relative contromisure da adottare. Le priorità sono la diminuzione delle tasse, il prodotto interno lordo, il rilancio dell'industria, del commercio, le banche con i suoi debiti, le infrastrutture con milioni di tonnellate di cemento, l'eta per la pensione, i tagli all'educazione. Temi quali la riduzione delle auto, l'incremento delle foreste, il sostegno all'agricoltura, seri investimenti per le biciclette, la cura dei nostri mari, l'estensione dei parchi naturali, la sostenibilità della pesca, della caccia, la riqualificazione di edifici in disuso, la sensibilizzazione dei giovani sull'ambiente, l'erosione dei suoli, il controllo delle nascite, forme alternative di energie davvero pulite, sono tutti argomenti spesso relegati a qualche Ministero, a qualche chiacchera senza voce, a qualche politico "verde" che usa la bicicletta e pianta un albero davanti ad alcuni giornalisti. La terra ha un bel febbrone, ma le cure non sembrano urgenti, la razza umana si scopre ogni giorno più avvelenata, egoista e cieca, nonostante le nuove tecnologie, ed i nuovi studi e le nuove ricchezze che finiscono, purtroppo, sempre nelle tasche sbagliate.
Recenti studi hanno dimostrato che i livelli di anidride carbonica sono sensibilmente aumentati negli ultimi anni. Qualche giorno fa la rivista "Science" ha pubblicato dati non proprio incoraggianti e diversi giornali ne hanno parlato, ovviamente mai in prima pagina. I livelli possono fluttuare nel corso dei secoli in maniera del tutto naturale, il problema è che i dati attuali mostrano incrementi costanti e repentini, specie negli ultimi 30 anni.
Ho recentemente letto il libro di Jared Diamond intitolato "Collapse" : un'analisi storico/antropologica sulle civiltà passate e sul perchè alcune hanno resistito e sono arrivate fino ai giorni nostri ed altre sono scomparse nel corso dei millenni. Un cavalcata entusiasmante, supportata da studi e dati scientifici su come alcuni popoli hanno dominato e conquistato immesi territori senza fare i conti con una natura che hai suoi cicli biologici, le sue debolezze ed i suoi limiti.
Grandi civiltà come i Maya, i Vikinghi in Nord America, gli Anasazi tra la California ed il Colorado, o piccole realtà come l'Isola di Pasqua, distanti e diversi ma con analogie comuni: l'aver sfruttato in maniera eccezionale il proprio territorio in termini di pesca, disboscamento, estrazione di minerali, caccia. Popoli che hanno depredato dove c'era da depredare per poi ritrovarsi con desertificazioni, siccità, carestie, epidemie, sovrapopolazione, guerre ed infine estinzione. Popoli senza memoria, senza misurazioni scientifiche del clima, senza la consapevolezza che le loro azioni presenti erano violente picconate per  il loro fragile futuro.
Nel libro si trovano alcune cause comuni per tutti i popoli studiati da Diamond.
- La deforestazione che conduce ad un impoverimento del suolo favorendone erosione e salinizzazione, l'esempio più eclatante è quello Australiano, uno dei  territori meno fertili al mondo proprio a causa degli alti tassi di sali nel suolo. Ma anche la scomparsa dell'Isola di Pasqua è legata ad un disboscamento feroce che ha, di fatto, constituito il suicidio di quel popolo. E cosa dire di un'isola che di fatto ha due realtà completamente diverse? Haiti, uno dei più poveri paesi al mondo, dove troviamo foreste solo nel 1% del suo territorio, nonostante che  per decenni, fino ai primi anni del 1800, era la parte più ricca dell'isola, ma il dominio francese fatto di agricolture intensive, importazioni di schiavi, continui colpi di Stato, senza nessun accorgimento per la realtà circostante hanno fatto il resto. Mentre Santo Domingo conserva ancora il 28% delle proprio foreste, un tasso di popolazione minore, quindi più sostenibile e politiche più orientate a conservare il territorio, sempre ovviamente in un clima di corruzione, assenza di diritti e via dicendo.
Lo sfruttamento sproporzionato delle risorse naturali, l'impoverimento dei mari per l'alte richieste di prodotti ittici da parte di popolazioni sempre più affamate e a caccia di mode del momento, come il Giappone. Stesso discorso per la caccia sproporzionata e la riduzione di habitat per le specie sulla terra ferma.
- Una crescita demografica insostenibile, che comporta alte densità di popolazioni concentrate in spazi limitati, relativa riduzione di generi di prima necessità, conseguenti tensioni, conflitti, guerre per quel lago o quella territorio ricco di minerali.
Nel Libro "Collapse" si sottolinea un altro aspetto chiave: i paesi sviluppati hanno esportato nei paesi in via di sviluppo un modello di progresso, un ideale di ricchezza, altamente inquinante, che viene considerato l'esempio massimo da raggiungere. Stili di vita occidentali per milioni di cinesi, indiani, brasiliani, e africani. Cementificare, estrarre, edificare, speculare, aumentare, anche in termini di rifiuti.
La Cina ha ritmi di crescita che vanno di pari passo con i ritmi di inquinamento, qualche numero: In 50 anni la sua popolazione urbana è triplicata, quintuplicate il numero delle città. E' il primo produttore e consumatore di fertilizzanti, il secondo al mondo per pesticidi, il terzo al mondo per consumo di petrolio. La sua produzione di carta richiede il doppio di acqua che nei paesi occidentali. Tutto collegato con impoverimento dei suoli, maggior uso di pesticidi, avvelenamento delle falde, distruzione di biodiversità. Il 75% dei laghi cinesi sono inquinati. Il Fiume Giallo è passato da 10 giorni senza un regime di acqua corrente nel 1988, a 230 giorni nel 1997!! Il 15% della Cina del nord è colpita dalla desertificazione. 300.000 morti per anno e $54 miliardi sono attribuiti ai danni dell'inquinamento.
Di tutto questo spesso non si parla, queste Nazioni sono viste come un esempio di globalizzazione positiva, di progresso e benessere per i popoli e la gente non si domanda, non legge, non si informa, non prova ad andare oltre questa montagna di finzioni. Questo è il progresso?!?! Per chi?!?! Per arrivare dove?!!?
Nel libro ci sono anche esempi di realtà che hanno preso coscienza in tempo delle loro azioni ed hanno preso ottime contromisure: il rimboschimento del Giappone, della Germania, della Francia, le scelte sostenibili dell'isola di Tikopia, nelle Isole Salomone, un piccolo atollo abitato fin dai tempi preistorici, con natalità controllata ed un agricoltura ragionata e autosufficiente. Questi esempi positivi ci insegnano che un cambiamento è possibile, ma ci voglione scelte coraggiose, spesso controcorrente e ancora di più scelte impopolari. Servono donne e uomini tenaci, convinti e proiettati nel futuro, perchè se pianti 1000 alberi oggi avrai dei risultati e delle risposte non domani, ma tra un paio di generazioni. Non si deve lavorare per un presente prossimo, ma per un domani che, forse, noi non vedremo, ma vedranno i nostri figli ed i figli dei nostri figli con benefici e immense soddisfazioni. Se la razza umana non entrerà in questo sistema di pensiero, anche la nostra civiltà sarà destinata alla fine come le popolazioni presentate nel libro "Collapse". 
Il punto di non ritorno per il nostro pianeta non verrà annunciato su qualche TV a reti unificate, non esiste una data precisa da segnare sul calendario, ma tanti piccoli sintomi che sono davanti ai nostri occhi ogni giorno, eppure sono pochi quelli che ne hanno veramente coscienza e fanno qualcosa di deciso per evitare il crollo verticale della nostra civiltà.
Abbiamo ricerche scientifiche, foto satellitari, un rete di informazioni che annulla le distanze e ci informa su tutto in tempo reale, strumenti che le antiche popolazioni non possedevano, eppure siamo ancora lontani dall'aver trovato delle soluzioni condivise da tutti i Paesi. Discussioni, incontri, proclami, strette di mano, promesse, trattati da non rispettare ed un domani per posticipare, per rimandare soluzioni efficaci, ma quanti domani rimangono ancora?!  Maremmacinghialaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa

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