Sunday, February 20, 2011

Arab Fever



Non serve una laurea in geopolitica per comprendere il processo che sta portando numerosi paesi arabi a ribellarsi in massa contro i propri padroni, spesso fantocci delle politiche occidentali. Quello che sta accadendo, ma sopratutto il seguito di questa miccia accessa, che sta propagando il fuoco della rivoluzione dall'Algeria allo Yemen, passando per l'Egitto, la Libia ed altri Stati custodi del carburante per tante, troppe economie mondiali, può essere riassunto in un passaggio dell'articolo di Richard Falk per "Al Jazeera" intitolato "The Toxic Residue of Colonialism": " Washington è rispettoso del diritto dell'autodeterminazione dei popoli fino a che questo diritto converge nelle logiche e nelle strategie politico-economiche USA." Difatti l'uomo incaricato dagli emissari americani di traghettare l'Egitto del dopo Mubarak ad elezioni o a un qualche rimpasto di Governo è Omar Suleiman, figura chiave dell'intelligence egiziana. Suleiman è già presente nel libro nero di diverse organizzazioni umanitarie per aver utilizzato la tortura, contro "i nemici" del regime, durante la sua carriera sotto Mubarak. Come dimenticare, del resto, che proprio gli Stati Uniti hanno finanziato l'ex dittatore egiziano con miliardi di dollari dal 1979, circa due miliardi all'anno e che l'hanno sostenuto fino a poche settimane fa? Un ripensamento tanto repentino quanto sospetto.
La rivoluzione è un momento di lotta sacrosanto, per una rinascita che non può e non vuole più aspettare, ma c'è da stare in guardia e capire se l'onda d'urto del popolo riuscirà davvero a sdradicare un profondo sistema di dittatori, censure e torture per i quali l'occidente ha sempre chiuso un occhio. Economie, quelle arabe, spesso plasmate per accogliere turisti del tutto compreso, basi militari, trivelle succhia petrolio e qualche gruppo di fondamentalisti, giusto per avere una scusa in caso di qualche bomba di troppo. In Tunisia l'attuale "nuovo" presidente ad interim è Fouad Mebazaa, già stato più volte ministro nel precedente governo di Ben Ali, durato 23 anni. Ed il popolo,difatti, non ci sta e chiede facce nuove.
Anche un piccolo stato, in rivolta, come il Bahrain, svolge un ruole chiave nelle politiche USA: nel paese infatti si trova una delle più importanti basi militari americane, che ospita 4200 soldati.
I compiti di questa base sono fondamentali: controllare le rotte marittime delle petroliere che entrano nel golfo, sostenere le operazioni in Afghanistan e contrastare un'eventuale minaccia iraniana. Gli USA sono tra due fuochi, quello pubblico di Nazione che sostiene i popoli che si battono contro regimi violenti ed oppressivi e quello privato, più pratico e cinico, di potenza che non può permettersi di perdere le sue postazioni di dominio e controllo economico nel Golfo Persico. Affari e petrolio, potere e torture, tutto insieme nel pentolone Bahrain dove, secondo "Amnesty International " e "Human Rights Watch", le incarcerazioni sommarie e gli abusi sui membri dell'opposizione, sciiti, sono continue e note ad i vari governi occidentali. Non solo gli USA fanno affari in questi territori: un articolo di qualche giorno fa, sul quotidiano inglese "The Independent" denunciava il Regno Unito per la vendita di armi a numerosi paesi arabi, tra cui le bombe a gas CS, cariche di demolizione, candelotti lacrimogeni e petardi thunderflash e, guarda caso tra gli altri, proprio ad un partner affidabile: il Bahrain. In Yemen si spara sulla folla inferocita. Qui il 40% della popolazione vive con meno di due dollari il giorno, un terzo dei bambini non ha mai visto una scuola, ma ci sono 50 milioni di pistole per 23 milioni di abitanti. Milioni di dollari rovesciati nel catino yemenita, soldi per scuole, ospedali, riforme, ma poi chi controlla se questi fiumi di denaro arrivano veramente a destinazione? Anche l'Italia fa la sua parte, come numerose associazioni per il disarmo ci raccontano: grosse forniture per il 2009: oltre 200.000 euro per 595 rivolltelle e pistole e 280.000 euro di munizioni e parti di armi. Tutto. , trattato come mero dato statistico, senza approfondire motivi di questa vendita e soprattutto senza chiarificare nelle mani di chi queste armi siano arrivate.
L'effetto domino si sta propagando, pedina dopo pedina, in paesi dove "non succederà nessuna rivolta" (dicevano i presunti esperti).
Rivolte che strappano via la maschere di ottuso buonismo di padroni che si rivelano per quello che sono: violenti criminali. La Libia con il suo leader posticcio, Gheddafi, che promette riforme, mentre i suoi uomini sparano sui manifestanti, mentre raid uccidono centinaia di persone. Giganti dai piedi di argilla, li vediamo vacillare, contorcersi cercando di sguainare ancora la spada del comando, mentre il popolo colpisce alle caviglie, questione di tempo ed il tonfo della caduta farà un frastuono assordante. Tutti i leader mondiali condannano, cercando di cancellare ogni traccia di recenti strette di mano, di foto sorridenti, di accordi economici che rafforzavano dittature e soprusi. La Libia è il 12° esportatore di petrolio mondiale, accoglie innumerevoli compagnie straniere: l'italiana ENI e Finmeccanica, la BP, la Exxon, tutte a sgomitare per la loro fetta di torta, mentre al popolo libico appena qualche briciola degli immensi introiti che entrano nelle casse del paese.
Il neo-colonialismo ha foraggiato questa povertà, questi squilibri tra ricchi e poveri: Marocco, disoccupazione al 20%, povertà al 22%, Giordania, povertà al 14%, corruzione e censure, stesse situazioni e stessi dati per Algeria, Tunisia, ed Arabia Saudita.
Solo uno Stato, seppure imposto con la forza brutale, continua a resistere: Israele, adesso un pò più solo, se il rovesciamento del potere egiziano sarà completo. Nonostante questo il 18 febbraio gli USA hanno posto il veto su una
risoluzione delle Nazioni Unite che condannava Israele per aver continuato a costruire insediamenti a Gerusalemme Est e nei territori palestinesi.
Dove sono i terroristi? Dove sono gli estremisti che inneggiano alla guerra santa? Dove sono i Kamikaze? Queste rivoluzioni ci hanno mostrato solo giovani uniti, con la voglia di lottare per il loro futuro, giovani carichi di rabbia e la certezza di arrivare fino in fondo. I loro governanti, piuttosto, si sono improvvisamente tramutati da partner commerciali per il mondo opulento a pericolosi assassini con il grilletto facile, da condannare solo per salvare la faccia.
La lotta è appena cominciata, deve essere costante, incisiva, dal popolo e per il popolo arabo. Non sarà facile, da fuori ci proveranno in tutti i modi a conservare privilegi con radici profonde, a sostenere candidati amici e compiacenti a condannare come fondamentalisti e terroristi movimenti politici che avranno come unica colpa quella di non volersi piegare agli interessi dei vari padroni occidentali. C'è in gioco il futuro di un popolo, che deve rimanere unito, senza pericolosi settarismi religiosi o ideologici. Siamo davanti ad una potenziale rinascita, ad un messaggio che, anche grazie ad internet, raggiunge e raggiungerà tutti gli angoli del globo: la vera Rivoluzione è combattere per la giustizia, la vera Rivoluzione è unirsi per il bene comune, la vera Rivoluzione è in chiunque crede ancora nell'uomo valoroso ed eroico e non nel bieco denaro criminoso.......Maremmacinghialaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa

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